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Le Donne di ASDEA

Non è un grande segreto che le donne sono ancora largamente in minoranza rispetto agli uomini nelle carriere STEM. In Italia, i numeri mostrano che solo il 18% delle donne si iscrivono ad una specializzazione STEM all’università, e solo il 28% dei laureati in ingegneria in Italia sono donne. Lo staff di ASDEA è composto per circa il 40% da donne, di cui 5 su 6 sono ingegneri, architetti o entrambi.* ASDEA, inoltre, ospita abitualmente delle donne che svolgono attività di tirocinio per l’università locale in modo da integrare l’apprendimento con un esperienza lavorativa in azienda.

L’uguaglianza di genere, la parità di retribuzione e l’inclusione delle donne sul posto di lavoro non dovrebbero essere un argomento da discutere solo un giorno all’anno. Questi argomenti dovrebbero essere affrontati regolarmente e le aziende dovrebbero chiedersi abitualmente cosa stanno facendo internamente e cosa possono fare per migliorare la situazione. Tuttavia, la giornata internazionale della donna è un’ottima occasione per riflettere sul passato, presente e futuro delle donne nella sfera lavorativa, e per noi in particolare, nell’architettura e nell’ingegneria. In onore della giornata della donna, alle donne del nostro ufficio è stato chiesto di riflettere sulle loro esperienze.

Il Passato

Quando è stato chiesto cosa le ha spinte ad iscriversi alla facoltà di architettura e ingegneria, le risposte sono state incredibilmente diverse, dalla passione per questo lavoro, dal consiglio di un’amica che le ha spinte in questo campo, fino a soddisfare semplicemente i desideri dei loro genitori per il loro futuro. Valentina, un architetto che svolge un hobby come ballerina, ha dato una risposta tanto elegante e aggraziata quanto i suoi movimenti: “sono sempre stata amante del bello e mia mamma ha svolto un ruolo importante nella mia scelta. Fin da piccolina, infatti, mi ha sempre indirizzato a guardare le cose belle: da una semplice vetrina di un negozio o ai particolari architettonici di un edificio storico. Mia mamma, inconsapevolmente, mi ha indirizzato su questa strada”.

Invece, Sabrina, sia ingegnere che architetto, desiderava studiare filosofia o letteratura, ma sentiva che avrebbe avuto più possibilità di carriera scegliendo un campo diverso. Ottenuta la laurea in architettura, ha scoperto che il lavoro non le piaceva quanto sperava e, un periodo di lavoro presso uno studio di ingegneria, ha acceso in lei il desiderio di continuare gli studi per diventare ingegnere. D’altra parte, Giulia è sempre stata un architetto nel profondo del suo cuore: “ho deciso di studiare architettura perché rispecchia il mio animo un po’ artistico ed un po’ tecnico-pratico… Cercare di trovare soluzioni belle a problemi tecnici per me è la sfida più appassionante dell’architettura”.

Il Presente

Perché perseguire una carriera in un campo STEM come l’architettura o l’ingegneria? Valentina ha condiviso che trova gratificante “… vedere realizzato quello che io disegno su carta. È, quindi, una soddisfazione personale ma soprattutto per il cliente che vede realizzato il suo progetto. Ed è questa la cosa più bella”. Per altri, come Francesca, un ingegnere di grande talento, il lavoro è avvincente: “È un lavoro interessante, coinvolgente. Non è un lavoro standard, ripetitivo ma ogni giorno mi trovo a che fare con un problema diverso da risolvere, quindi è molto vario”.

Quando si parla di uguaglianza di genere sul campo, almeno tra le mura degli uffici ASDEA, il nostro personale femminile dice di sentirsi rispettato. Fin dall’inizio, ASDEA ha sempre avuto diversi membri dello staff femminile, e i miei colleghi riferiscono che i loro contributi sono valutati allo stesso livello delle loro controparti maschili. Questa non è la storia di tutti i posti di lavoro o anche dell’università.

Erika, un ingegnere con un talento per la leadership, ha parlato di come, provenendo da una piccola comunità, sentiva che spesso non le veniva data molta considerazione come donna in un campo STEM e sentiva di essere trattata diversamente dai suoi compagni di classe di sesso maschile. Prima di lavorare per ASDEA, un’altra collega ha raccontato di essere stata assunta in uno studio di architettura dove era l’unica donna dell’ufficio. Era costretta a lavorare in una stanza separata dagli altri perché ritenevano che sarebbe stata una distrazione e affrontava quotidianamente battute sul suo sesso. Tutte le donne hanno parlato di sentirsi a disagio quando sono nei cantieri, dicendo che si sentono invisibili, ignorate o addirittura trattate con condiscendenza quando esprimono le loro opinioni professionali. Come ha astutamente osservato Giulia, “[nell’] ambito lavorativo dove noi come donne troviamo il nostro spazio per consulenze di design e creative ma facciamo ancora fatica ad affermarci in quanto ‘tecnici’.” Sabrina collega i problemi a una questione culturale più ampia: “La lingua riflette molto la cultura di un popolo, quindi, il fatto che noi abbiamo una lingua apertamente maschile, basti pensare che non esiste la figura dell’ingegnere o architetto declinato al femminile, così come non esiste quello dell’avvocato che nasce come un termine maschile così come tante altre cose. È proprio patriarcale come società.”

Il Futuro

Per la maggior parte, tutti erano ottimisti sul futuro delle donne nei campi STEM e sul raggiungimento della parità di genere. Vedono la situazione in generale migliorare, anche se lentamente. La maggior parte, ma non tutte, ritengono di non aver affrontato particolari problemi durante gli studi a causa della disparità di genere, ma di avere ancora problemi ad integrarsi in una forza lavoro prevalentemente maschile. Valentina ritiene che la soluzione sia quella di “…coinvolgere un po’ di più le ragazze, e comunque, le figure femminile in quest’ambito, quindi senza scoraggiarla nel lavorare in questo campo, seppure è ancora un ambito prevalentemente maschile. Probabilmente nel prossimo cambio generazionale ci sarà un miglioramento sotto questo punto di vista, però, almeno per il momento, c’è ancora la vecchia scuola”. Secondo Erika, la strada da percorrere “… è una questione di sradicare il pregiudizio che c’è soprattutto nelle piccole realtà” ma che “si va sempre verso la strada della riconoscenza della parità al completo pero c’è ancora da lavorare”.

*L’1/6 è l’autore di questo articolo che, con una laurea in relazioni internazionali, si occupa di comunicazione, social media e creazione di contenuti.